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L'esercizio del diritto d'accesso
agli atti amministrativi disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, è
stato innovato con la legge 15/2005, che, recependo una serie di pronunce
giurisprudenziali, ha completamente riscritto l'art. 22, legge 241/1990. Il
diritto concerne un principio generale dell'attività amministrativa al fine di
favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza.
Esso si esplica sul documento amministrativo, definito nell'art. 22, comma 1,
lett. d), legge 15/2005, ogni rappresentazione grafica, foto cinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto d'atti, anche
interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica
amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente
dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. Da
tale definizione si desume che il documento può essere stato prodotto dalla
pubblica amministrazione destinataria dell'istanza ma anche da questa
semplicemente posseduto, purché riguardi un'attività di pubblico interesse.
Oggetto dell'istanza possono essere tutti gli atti delle pubbliche
amministrazioni, anche quelli disciplinati dal diritto privato, ciò in quanto
l'espressione pubblica amministrazione, in questo contesto sta ad indicare sia
i soggetti pubblici sia quelli privati che, però, svolgono attività di pubblico
interesse, com'è il caso delle imprese che esercitano pubblici servizi di
trasporto. Il diritto d'accesso ha una portata generale in quanto si estende
oltre che agli atti facenti parte del documento di cui si chiede l'ostensione
anche agli atti procedimentali secondari, a meno che l'ente non adduca
motivazioni tali - salvaguardia della riservatezza dell'amministrazione o
d'altri soggetti o per ragioni che attengano alla speditezza e al buon
andamento dell'amministrazione - da non permettere l'ostensione. Solitamente, è
operata una distinzione tra atti di diritto privato, formati o detenuti dalla
Pubblica Amministrazione. nell'esercizio di funzioni che hanno come obiettivo
il soddisfacimento degli interessi della collettività, e atti dei privati sic
et simpliciter. Gli atti relativi alla prima categoria rientrano nel novero di
quegli atti soggetti all'esercizio del diritto d'accesso, i secondi atti sono
ostensibili dalla Pubblica Amministrazione solo qualora si siano rivelati
incidenti in merito alla decisione adottata dalla stessa. Il soggetto definito
dalla normativa sul trattamento dei dati personali interessato può esercitare
il diritto d'accesso riguardo agli atti
che lo riguardino anche se non sono assurti a livello di documenti. L'autonomia
del diritto d'accesso, però, non è assoluta e quindi non è avulsa
dall'esistenza di bisogni seri e dimostrati dal cittadino istante. Nel valutare
la consistenza della richiesta d'accesso non si può prescindere dall'esigenza
di un bisogno, individuale o collettivo, che l'ordinamento generale riconosce e
garantisce. Pertanto, la legittimazione all'accesso, per un verso, è
strumentale all'acquisizione della conoscenza necessaria a valutare la portata
lesiva d'atti o comportamenti; e, per altro verso, essa non implica alcun
potere esplorativo e di vigilanza, da intendersi come diritto all'acquisizione
conoscitiva d'atti o comportamenti. Si consulti, DPR 12 aprile 2006, n.184,
relativo al Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti
amministrativi.
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